Ultimo, il lupo giovane, veniva sempre più spesso allontanato a colpi di muso dal vecchio capo branco.
In un paio di occasioni gli aveva mostrato anche i denti.
Seguire il fiume. Farlo poco più in alto, là dove passa un sentiero di passi di uomini e lupi.
Gli alberi, grandi patriarchi dallo sguardo benevolo e dai capelli scapigliati, mostrano fieri le nuove gemme.
I tre confini. Si chiama così il punto d’approdo della nostra escursione.
Siamo nella splendida Val Canneto. Le chiazze di neve occupano fin oltre la primavera inoltrata i territori più in alto. Quelli del Monte Meta, del Tartaro e dell’Altare. Là dove il camoscio – e nessuno oltre lui – ha la sua casa.
Poco distante dal fiume Melfa, che lento scorre cantando il mutare delle stagioni. I boschi, l’acqua, l’aria tutto qui parla di una storia importante di questa terra.
Siamo in un tempo distante. Ma il bosco c’era già e così anche tutto quello che si vede. Terre remote, terre e storie antiche.
Il branco di lupi è cresciuto fin troppo e ora, per qualcuno, è tempo di migrare. Spostarsi alla ricerca di una nuova terra da colonizzare, di una nuova famiglia da formare. Un lupo può percorrere anche 80 km al giorno. Si chiama dispersione ed è utile al branco per non andare in sofferenza, per avere cibo a sufficienza per tutti e per la specie di espandersi. Da qualche parte distante dalla verde Valle di Canneto, occhi vispi e zampe lunghe una lupa giovane, lo aspetta già. Altrove, invece, nel mondo degli uomini il fuoco brucia ancora, un grosso ciocco di legno crepita. La primavera è arrivata, ma il freddo tarda ad andar via. Soprattutto quello nelle ossa.
Le provviste sono poche, quasi assenti. Nel villaggio il vecchio saggio ha interrogato gli dei, il fumo e il volo della poiana. Ver Sacrum, ha tuonato. Primavera sacra. Parole che risuonano nella notte sannitica, forti come il vento che gioca a rimpiattino tra valli scoscese e rocciose pareti.
Ultimo, il lupo giovane, veniva sempre più spesso allontanato a colpi di muso dal vecchio capo branco.
In un paio di occasioni gli aveva mostrato anche i denti.
Seguire il fiume. Farlo poco più in alto, là dove passa un sentiero di passi di uomini e lupi.
Gli alberi, grandi patriarchi dallo sguardo benevolo e dai capelli scapigliati, mostrano fieri le nuove gemme.
I tre confini. Si chiama così il punto d’approdo della nostra escursione.
Siamo nella splendida Val Canneto. Le chiazze di neve occupano fin oltre la primavera inoltrata i territori più in alto. Quelli del Monte Meta, del Tartaro e dell’Altare. Là dove il camoscio – e nessuno oltre lui – ha la sua casa.
Poco distante dal fiume Melfa, che lento scorre cantando il mutare delle stagioni. I boschi, l’acqua, l’aria tutto qui parla di una storia importante di questa terra.
Siamo in un tempo distante. Ma il bosco c’era già e così anche tutto quello che si vede. Terre remote, terre e storie antiche.
Il branco di lupi è cresciuto fin troppo e ora, per qualcuno, è tempo di migrare. Spostarsi alla ricerca di una nuova terra da colonizzare, di una nuova famiglia da formare. Un lupo può percorrere anche 80 km al giorno. Si chiama dispersione ed è utile al branco per non andare in sofferenza, per avere cibo a sufficienza per tutti e per la specie di espandersi. Da qualche parte distante dalla verde Valle di Canneto, occhi vispi e zampe lunghe una lupa giovane, lo aspetta già. Altrove, invece, nel mondo degli uomini il fuoco brucia ancora, un grosso ciocco di legno crepita. La primavera è arrivata, ma il freddo tarda ad andar via. Soprattutto quello nelle ossa.
Le provviste sono poche, quasi assenti. Nel villaggio il vecchio saggio ha interrogato gli dei, il fumo e il volo della poiana. Ver Sacrum, ha tuonato. Primavera sacra. Parole che risuonano nella notte sannitica, forti come il vento che gioca a rimpiattino tra valli scoscese e rocciose pareti.
Gavio ha appena compiuto 13 anni. Nell’ultimo solstizio ha già saltato il fuoco ed è pronto per tirar su famiglie e tutte quelle cose là. Ma per lui il destino è già segnato. Ver Sacrum. La primavera sacra impone agli adolescenti di partire, di andar via se c’è una carestia.
Tutti gli adolescenti che hanno già saltato il fuoco saranno salutati dai propri genitori. La primavera sacra chiama. Si deve andare. Ci sarebbe stato il tempo per l’amore, quello delle stagioni, di un fuoco nel bosco e del frusciare di un lupo che corre dietro un capriolo.
Così giovani uomini e altrettanto giovani lupi si sarebbero negli anni a venire incontrati negli occhi, figli dello stesso destino, figli di una primavera appena cominciata. Il momento dell’incontro. Prima annusati e poi ognuno per la propria strada. Ai Tre confini, seguendo il corso del fiume Melfa, dove la via si divide tra il sentiero che va a Passaggio dell’Orso e quello che va per Forca Resuni, c’è una storia che sfugge al tempo. Quel tempo in cui l’umano viveva con il lupo e ne condivideva la sacralità dell’andare per nuove terre, necessità nomade di dispersioni all’ombra di Mefite, all’incrocio per l’appunto, dei Tre Confini, dove giovani umani di tre popoli distinti incontravano giovani lupi. E poi ognuno per la propria strada.
Per gli amanti del ciclismo, delle passeggiate a piedi o a cavallo. Per tutti coloro che che vogliono scoprire territori e vivere esperienze uniche ed indimenticabili.
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