Alice ha gli occhi chiari, le gambe ancora corte ma i piedi con tanta voglia di scoprire il mondo.
Vive a Picinisco, un borgo incastonato tra il verde delle montagne, posto a guardia della Val Comino. Dalla piazza principale si domina tutta la valle fin dove l’occhio riesce a vedere!
Alice conosce sentieri e mulattiere che come vene irroravano il borgo. Ai piedi di un grande albero ha scoperto da tempo un varco. Uno di quelli che il tempo, la pioggia e il lavoro di tanti animali, picchio compreso, hanno creato.
Si siede spesso lì. Guarda il cielo e gioca con le nuvole. Con la testa appena poggiata, su quel soffice guanciale di legno e muschio, ecco che appare l’unicorno. E poi un angelo. E ancora tante figure a rincorrersi nel cielo azzurro di batuffoli bianchi.
Alice ama sognare. Eppure a 10 anni ha già visto i lupi e una volta, può giurarlo, ha sentito l’orso bramire. Un cervo, le aveva detto il nonno. Ma lei aveva fatto spallucce. Un orso, aveva pensato. Ha anche sentito gli alberi parlare. Quelli, lei lo sa, parlano solo a chi li sa ascoltare. Ed è per questo che si mette con la testa poggiata su quel guanciale di faggio. C’è questo cervo che d’un tratto la guarda negli occhi. Lancia un urlo che squarcia la normalità. Si lascia avvicinare ma lei non lo tocca né gli dà da mangiare. Sa bene che non si fa. Ma lui con un gesto risoluto del capo, con quel palco da saggio, le fa segno di seguirlo. Segue la strada che appena fuori dal paese si inerpica a sinistra. Segue la via che la porta in breve in località Campo di Caccia, ai piedi del Monte Cuculo piega a destra e vede il segno di una vecchia frana. L’alluvione ha portato giù una porzione di montagna.
Vasche per animali al pascolo e briglie per l’acqua che in primavera, quando arriva il disgelo, scende copiosa. Il cervo fa un sorso d’acqua. Alice con le piccole mani ne raccoglie un poco da un ruscelletto. Sa che può che a Picinisco l’acqua è buona. Eccola che si affaccia su una casa. Il comignolo fuma di camino acceso.
In località detta contrada Serre attraversa un bosco misto e alcune pietre disposte in ordine che fanno un bel muretto. La casa sta nel verde come un cuore in una gabbia toracica. Uomini e donne lavorano. Si avvicina Alice. Ora il cervo si tiene a distanza, si ferma e bruca un po’ nel prato che sa di elicriso e timo. Una donna frigge fiori di sambuco e acacia. Un uomo, invece, taglia il formaggio e ne offre un pezzo.
Lei non lo conosce ma lui si presenta.
Sono Loreto, le dice.
Non posso, risponde Alice.
Il nonno più volte le ha detto di non accettare nulla dagli sconosciuti. Ma ecco che dalle spalle di Loreto spunta un sorriso che lei conosce. Nonno Erberto è lì e ha in mano un pezzetto di formaggio e pane scuro. Lo divide, prende un pezzo di formaggio dalle mani di Loreto e lo passa ad Alice.
Ben ritrovata, dice nonno Erberto.
Lei lo abbraccia cingendolo alla vita.
Loreto è solare, ti piace qui? Le chiede.
Alice annuisce mentre mangia pane e formaggio.
La casa ha tante finestre. C’è un posto con vecchi arnesi, un letto. C’è la parte in cui si fa il formaggio e quella in cui alcuni commensali stan seduti a parlare del più e del meno.
Appena manda giù il boccone Alice dice rivolgendosi a Nonno Erberto e a Loreto: sapete che ho visto un cervo? Era proprio lì. Alice si volta. Indica un punto. Là dove c’era il cervo adesso c’è una pietra e muschi e alberi. Nulla di più.
E magari ti ha portato fin qui, bofonchia sorridendo nonno Erberto.
Alice annuisce. Mette una mano sul cuore e alza la mano destra. Lo giuro, dice. C’era un cervo grande e io l’ho seguito e sono arrivata qui.
Sempre con la testa tra le nuvole, dice Nonno Erberto scompigliandole i capelli con una carezza. Ti sei addormentata e avrai sognato, bella la mia ragazza perduta proprio come Alvina.
E chi è Alvina? Chiede Alice.
Una ragazza venuta fuori dalla penna di un signore che ha abitato qui, dice Loreto. E indica un dipinto con un uomo accigliato e un po’ barbuto.
La ragazza perduta, dice nonno Erberto.
Alice ha gli occhi chiari, le gambe ancora corte ma i piedi con tanta voglia di scoprire il mondo.
Vive a Picinisco, un borgo incastonato tra il verde delle montagne, posto a guardia della Val Comino. Dalla piazza principale si domina tutta la valle fin dove l’occhio riesce a vedere!
Alice conosce sentieri e mulattiere che come vene irroravano il borgo. Ai piedi di un grande albero ha scoperto da tempo un varco. Uno di quelli che il tempo, la pioggia e il lavoro di tanti animali, picchio compreso, hanno creato.
Si siede spesso lì. Guarda il cielo e gioca con le nuvole. Con la testa appena poggiata, su quel soffice guanciale di legno e muschio, ecco che appare l’unicorno. E poi un angelo. E ancora tante figure a rincorrersi nel cielo azzurro di batuffoli bianchi.
Alice ama sognare. Eppure a 10 anni ha già visto i lupi e una volta, può giurarlo, ha sentito l’orso bramire. Un cervo, le aveva detto il nonno. Ma lei aveva fatto spallucce. Un orso, aveva pensato. Ha anche sentito gli alberi parlare. Quelli, lei lo sa, parlano solo a chi li sa ascoltare. Ed è per questo che si mette con la testa poggiata su quel guanciale di faggio. C’è questo cervo che d’un tratto la guarda negli occhi. Lancia un urlo che squarcia la normalità. Si lascia avvicinare ma lei non lo tocca né gli dà da mangiare. Sa bene che non si fa. Ma lui con un gesto risoluto del capo, con quel palco da saggio, le fa segno di seguirlo. Segue la strada che appena fuori dal paese si inerpica a sinistra. Segue la via che la porta in breve in località Campo di Caccia, ai piedi del Monte Cuculo piega a destra e vede il segno di una vecchia frana. L’alluvione ha portato giù una porzione di montagna.
Vasche per animali al pascolo e briglie per l’acqua che in primavera, quando arriva il disgelo, scende copiosa. Il cervo fa un sorso d’acqua. Alice con le piccole mani ne raccoglie un poco da un ruscelletto. Sa che può che a Picinisco l’acqua è buona. Eccola che si affaccia su una casa. Il comignolo fuma di camino acceso.
In località detta contrada Serre attraversa un bosco misto e alcune pietre disposte in ordine che fanno un bel muretto. La casa sta nel verde come un cuore in una gabbia toracica. Uomini e donne lavorano. Si avvicina Alice. Ora il cervo si tiene a distanza, si ferma e bruca un po’ nel prato che sa di elicriso e timo. Una donna frigge fiori di sambuco e acacia. Un uomo, invece, taglia il formaggio e ne offre un pezzo.
Lei non lo conosce ma lui si presenta. Sono Loreto, le dice. Non posso, risponde Alice.
Il nonno più volte le ha detto di non accettare nulla dagli sconosciuti. Ma ecco che dalle spalle di Loreto spunta un sorriso che lei conosce. Nonno Erberto è lì e ha in mano un pezzetto di formaggio e pane scuro. Lo divide, prende un pezzo di formaggio dalle mani di Loreto e lo passa ad Alice.
Ben ritrovata, dice nonno Erberto. Lei lo abbraccia cingendolo alla vita. Loreto è solare, ti piace qui? Le chiede. Alice annuisce mentre mangia pane e formaggio. La casa ha tante finestre. C’è un posto con vecchi arnesi, un letto. C’è la parte in cui si fa il formaggio e quella in cui alcuni commensali stan seduti a parlare del più e del meno.
Appena manda giù il boccone Alice dice rivolgendosi a Nonno Erberto e a Loreto: sapete che ho visto un cervo? Era proprio lì. Alice si volta. Indica un punto. Là dove c’era il cervo adesso c’è una pietra e muschi e alberi. Nulla di più. E magari ti ha portato fin qui, bofonchia sorridendo nonno Erberto.
Alice annuisce. Mette una mano sul cuore e alza la mano destra. Lo giuro, dice. C’era un cervo grande e io l’ho seguito e sono arrivata qui. Sempre con la testa tra le nuvole, dice Nonno Erberto scompigliandole i capelli con una carezza. Ti sei addormentata e avrai sognato, bella la mia ragazza perduta proprio come Alvina. E chi è Alvina? Chiede Alice.
Una ragazza venuta fuori dalla penna di un signore che ha abitato qui, dice Loreto. E indica un dipinto con un uomo accigliato e un po’ barbuto.
La ragazza perduta, dice nonno Erberto.
Per gli amanti del ciclismo, delle passeggiate a piedi o a cavallo. Per tutti coloro che che vogliono scoprire territori e vivere esperienze uniche ed indimenticabili.
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