Oggi se entrate nella Valle dell’Inferno, ai piedi di Portella e Vallerotonda il luogo richiama a dantesche ambientazioni. La boscaglia, le pareti a picco, la strada stretta che si insinua fino a nascondersi dalla luce.
Camminare fa pensare. Un luogo di memoria storica come tanti ce ne sono nei posti attraversati dalle vicissitudini della Seconda Guerra Mondiale.
Eppure oggi almeno qui c’è la pace. Nonostante tutto si sente una strana sensazione. Suggestione mista a paura ascoltando la terra che crepita sotto gli scarponi e il vento che gioca a rimbalzo nel vallone.
Lasciate ogni speranza voi che entrate.
Non c’era scritto ma così deve essere sembrato a chi aveva deciso, perché non aveva altra scelta, di aprire questa strada e che l’aveva chiamata “Inferno Track”. A dire il vero il nome sulle carte già c’era: Rio dell’Inferno o Valle dell’Inferno per l’appunto, perché la saggezza popolare non sbaglia mai. A costruirla furono gli Alleati. Circondati da rocce, imprigionati nel cuore della terra, quello deve essere stato davvero un inferno dantesco. Tracciare nella boscaglia, alle spalle del nemico, una strada di comunicazione che permettesse il passaggio di mezzi e truppe durante la Seconda Guerra Mondiale e di rifornire le truppe di stanza ad Acquafondata.
Quel vallone poi, ovviamente eccezion fatta per i tedeschi, venne usato da tutti. Dapprima dai francesi e poi da indiani, inglesi, neozelandesi e polacchi. Nella parte finale a valle, ovvero nel campo sportivo di Portella, fu allestita una vera e propria base e vi furono accumulate ingenti quantità di materiali da avviare al fronte: questo anfiteatro naturale risultava coperto alla vista dei tedeschi. Dai soldati polacchi della 5a divisione di fanteria Kresowa veniva chiamato “Gdansk” dal nome di una città portuale del mar Baltico. Intanto, il sentiero retrostante fu ampliato fino a consentire il passaggio ai mezzi leggeri. Ogni notte, con il favore delle tenebre, partivano dal campo 5 sportivo di Portella centinaia di muli con il loro carico di rifornimenti: percorrendo “Inferno Track” raggiungevano le varie postazioni. Così fate alcuni passi, poi chiudete gli occhi e fermatevi.
Ascoltate il silenzio, la pace del luogo. Scacciate via i pensieri e immergetevi nell’atmosfera di pace.
Una pace speriamo duratura e passi da rammentare che siano da monito per questa e le generazioni future, capaci di dire un secco “mai più” alla guerra e alle sue tragedie. Se Infernotrack è il nome della strada, se valle dell’Inferno è il luogo attraversato, l’unica strada possibile, l’unica scelta, doveva essere una vera e propria speranza verso la pace in un contesto difficile e tragico come quello della Seconda Guerra.
Siate dunque, voi camminatori, portatori di pace e memoria nei luoghi che furono teatro di una guerra mai troppo lontana.
Oggi se entrate nella Valle dell’Inferno, ai piedi di Portella e Vallerotonda il luogo richiama a dantesche ambientazioni. La boscaglia, le pareti a picco, la strada stretta che si insinua fino a nascondersi dalla luce.
Camminare fa pensare. Un luogo di memoria storica come tanti ce ne sono nei posti attraversati dalle vicissitudini della Seconda Guerra Mondiale.
Eppure oggi almeno qui c’è la pace. Nonostante tutto si sente una strana sensazione. Suggestione mista a paura ascoltando la terra che crepita sotto gli scarponi e il vento che gioca a rimbalzo nel vallone.
Lasciate ogni speranza voi che entrate.
Non c’era scritto ma così deve essere sembrato a chi aveva deciso, perché non aveva altra scelta, di aprire questa strada e che l’aveva chiamata “Inferno Track”. A dire il vero il nome sulle carte già c’era: Rio dell’Inferno o Valle dell’Inferno per l’appunto, perché la saggezza popolare non sbaglia mai. A costruirla furono gli Alleati. Circondati da rocce, imprigionati nel cuore della terra, quello deve essere stato davvero un inferno dantesco. Tracciare nella boscaglia, alle spalle del nemico, una strada di comunicazione che permettesse il passaggio di mezzi e truppe durante la Seconda Guerra Mondiale e di rifornire le truppe di stanza ad Acquafondata.
Quel vallone poi, ovviamente eccezion fatta per i tedeschi, venne usato da tutti. Dapprima dai francesi e poi da indiani, inglesi, neozelandesi e polacchi. Nella parte finale a valle, ovvero nel campo sportivo di Portella, fu allestita una vera e propria base e vi furono accumulate ingenti quantità di materiali da avviare al fronte: questo anfiteatro naturale risultava coperto alla vista dei tedeschi. Dai soldati polacchi della 5a divisione di fanteria Kresowa veniva chiamato “Gdansk” dal nome di una città portuale del mar Baltico. Intanto, il sentiero retrostante fu ampliato fino a consentire il passaggio ai mezzi leggeri. Ogni notte, con il favore delle tenebre, partivano dal campo 5 sportivo di Portella centinaia di muli con il loro carico di rifornimenti: percorrendo “Inferno Track” raggiungevano le varie postazioni. Così fate alcuni passi, poi chiudete gli occhi e fermatevi.
Ascoltate il silenzio, la pace del luogo. Scacciate via i pensieri e immergetevi nell’atmosfera di pace.
Una pace speriamo duratura e passi da rammentare che siano da monito per questa e le generazioni future, capaci di dire un secco “mai più” alla guerra e alle sue tragedie. Se Infernotrack è il nome della strada, se valle dell’Inferno è il luogo attraversato, l’unica strada possibile, l’unica scelta, doveva essere una vera e propria speranza verso la pace in un contesto difficile e tragico come quello della Seconda Guerra.
Siate dunque, voi camminatori, portatori di pace e memoria nei luoghi che furono teatro di una guerra mai troppo lontana.
Per gli amanti del ciclismo, delle passeggiate a piedi o a cavallo. Per tutti coloro che che vogliono scoprire territori e vivere esperienze uniche ed indimenticabili.
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